Lotto No. 50


Guido Reni


(Bologna 1575–1642) e bottega, San Sebastiano, olio su tela, cm 136 x 102,5, in cornice

Provenienza: collezione privata europea

Perizia: dott. Emilio Negro come opera pienamente autografa di Guido Reni - comunicazione scritta).

Guido Reni usava tornare più volte sugli stessi soggetti producendo, con l’aiuto della sua bottega, versioni delle sue composizioni di maggior successo, il che rende difficile districarsi tra repliche autografe, opere di bottega più o meno “ritocche di sua mano”, copie che divengono riletture autonome da parte alcuni dei suoi migliori allievi (vede R. E. Spear, The “divine” Guido: religion, sex, money and art in the world of Guido Reni, New Haven, Yale University Press, 1997, pp. 69, 341). Il dipinto in esame appartiene alla tipologia dei due noti esemplari conservati rispettivamente a Roma (Pinacoteca Capitolina, olio su tela, cm 128 x 98) e Genova (Musei di Strada Nuova, Palazzo Rosso, olio su tela, cm 127 x 92), entrambi datati dalla maggior parte della critica al 1615–1616 (cfr. P. Boccardo X. Salomon, Guido Reni: il tormento e l’estasi. I San Sebastiano a confronto, Genova 2007). Il dipinto capitolino è citato nell’inventario della collezione del cardinal Del Monte nel 1627. La tela di Genova (dalla collezione Brignole Sale), per lungo tempo considerata il prototipo di questa versione del soggetto, è oggi considerata un dipinto autografo del maestro bolognese, eseguito nello stesso periodo ma con alcune varianti; anche se Pepper lo ritiene una ripresa del quadro del Monte eseguita assai più tardi, nel quarto decennio (Boccardo 1995 citato in P. Masini, scheda n. 134 in, S. Guarino, P. Masini, a cura di, Pinacoteca Capitolina. Catalogo generale, Milano 2006, p. 296). Sono note diverse derivazioni, di varia qualità, da questi due esemplari: Pepper (S. Pepper, Guido Reni. L’opera completa, Novara 1988, p. 331, n. 18 e p. 238 n. 48) ne cita otto, tra quadri conosciuti e citazioni inventariali ottocentesche, ma molte di più se ne rintracciano negli inventari del XVII secolo. Il presente dipinto si pone, dal punto di vista compositivo, tra i ricordati esempi di Roma e Genova, avvicinandosi maggiormente al primo. Il santo è rappresentato legato ad un albero “con i polsi sopra il capo”; il corpo seminudo, trafitto da frecce, è coperto solo da un panneggio avvolto sui fianchi. La posizione della figura, spostata sulla sinistra per lasciare maggior spazio al paesaggio del fondo, è analoga a quella della versione Capitolina; mentre nel dipinto di Genova, tornato alle sue dimensioni originali dopo il restauro, è più centrata. Sono però soprattutto gli elementi del paesaggio, la fisionomia del santo, il numero e la posizione delle frecce a trovare una precisa corrispondenza nella redazione già del Monte; unica variante di rilievo è la mancanza delle figurine nel fondo.
La resa anatomica del corpo del santo è maggiormente sfumata rispetto al quadro romano, mentre analogo agli altri esempi conosciuti è il gioco chiaroscurale che mette in risalto lo splendido corpo del giovane, fortemente illuminato, e conduce lo sguardo dell’osservatore verso il volto dall’ovale pieno e dal modellato più fermo “guardante all’insù”, atteggiamento divenuto cifra espressiva del pittore per indicare una dimensione estatica e una spiegazione ultraterrena al martirio in atto. Secondo Dottor Emilio Negro (parere scritto, 10 giugno 2004), la presenza di elementi peculiari, come la profondità delle ombre e il taglio compositivo ravvicinato, rimandano alla fase caravaggesca attraversata dal pittore durante il suo primo soggiorno romano (1601–1614) e coincidente con opere quali gli Apostoli Pietro e Paolo della Pinacoteca di Brera, il Martirio di S. Caterina d’Alessandria del Museo Diocesano di Albenga, il David con la testa di Golia del Louvre. Lo studioso, che ritiene il presente dipinto interamente autografo ed “un’importante pittura di Guido Reni” propende per una datazione del dipinto attorno al 1610, in epoca dunque precedente rispetto alle citate versioni di Roma e Genova, di cui verrebbe a costituire il prototipo. L’elevata qualità del dipinto, quasi una “interpretazione” più morbida della versione capitolina, l’esecuzione sciolta, senza cedimenti, il chiaroscuro sapiente, la raffinatezza cromatica fanno pensare ad una redazione autografa, come sostiene il Dottor Emilio Negro.

Provenienza: collezione privata europea, Perizia: dott. Emilio Negro come opera pienamente autografa di Guido Reni - comunicazione scritta). Guido Reni usava tornare più volte sugli stessi soggetti producendo, con l’aiuto della sua bottega, versioni de

Esperto: Mark MacDonnell Mark MacDonnell
+43 1 515 60 403

mark.macdonnell@dorotheum.at

21.04.2010 - 18:00

Stima:
EUR 150.000,- a EUR 200.000,-

Guido Reni


(Bologna 1575–1642) e bottega, San Sebastiano, olio su tela, cm 136 x 102,5, in cornice

Provenienza: collezione privata europea

Perizia: dott. Emilio Negro come opera pienamente autografa di Guido Reni - comunicazione scritta).

Guido Reni usava tornare più volte sugli stessi soggetti producendo, con l’aiuto della sua bottega, versioni delle sue composizioni di maggior successo, il che rende difficile districarsi tra repliche autografe, opere di bottega più o meno “ritocche di sua mano”, copie che divengono riletture autonome da parte alcuni dei suoi migliori allievi (vede R. E. Spear, The “divine” Guido: religion, sex, money and art in the world of Guido Reni, New Haven, Yale University Press, 1997, pp. 69, 341). Il dipinto in esame appartiene alla tipologia dei due noti esemplari conservati rispettivamente a Roma (Pinacoteca Capitolina, olio su tela, cm 128 x 98) e Genova (Musei di Strada Nuova, Palazzo Rosso, olio su tela, cm 127 x 92), entrambi datati dalla maggior parte della critica al 1615–1616 (cfr. P. Boccardo X. Salomon, Guido Reni: il tormento e l’estasi. I San Sebastiano a confronto, Genova 2007). Il dipinto capitolino è citato nell’inventario della collezione del cardinal Del Monte nel 1627. La tela di Genova (dalla collezione Brignole Sale), per lungo tempo considerata il prototipo di questa versione del soggetto, è oggi considerata un dipinto autografo del maestro bolognese, eseguito nello stesso periodo ma con alcune varianti; anche se Pepper lo ritiene una ripresa del quadro del Monte eseguita assai più tardi, nel quarto decennio (Boccardo 1995 citato in P. Masini, scheda n. 134 in, S. Guarino, P. Masini, a cura di, Pinacoteca Capitolina. Catalogo generale, Milano 2006, p. 296). Sono note diverse derivazioni, di varia qualità, da questi due esemplari: Pepper (S. Pepper, Guido Reni. L’opera completa, Novara 1988, p. 331, n. 18 e p. 238 n. 48) ne cita otto, tra quadri conosciuti e citazioni inventariali ottocentesche, ma molte di più se ne rintracciano negli inventari del XVII secolo. Il presente dipinto si pone, dal punto di vista compositivo, tra i ricordati esempi di Roma e Genova, avvicinandosi maggiormente al primo. Il santo è rappresentato legato ad un albero “con i polsi sopra il capo”; il corpo seminudo, trafitto da frecce, è coperto solo da un panneggio avvolto sui fianchi. La posizione della figura, spostata sulla sinistra per lasciare maggior spazio al paesaggio del fondo, è analoga a quella della versione Capitolina; mentre nel dipinto di Genova, tornato alle sue dimensioni originali dopo il restauro, è più centrata. Sono però soprattutto gli elementi del paesaggio, la fisionomia del santo, il numero e la posizione delle frecce a trovare una precisa corrispondenza nella redazione già del Monte; unica variante di rilievo è la mancanza delle figurine nel fondo.
La resa anatomica del corpo del santo è maggiormente sfumata rispetto al quadro romano, mentre analogo agli altri esempi conosciuti è il gioco chiaroscurale che mette in risalto lo splendido corpo del giovane, fortemente illuminato, e conduce lo sguardo dell’osservatore verso il volto dall’ovale pieno e dal modellato più fermo “guardante all’insù”, atteggiamento divenuto cifra espressiva del pittore per indicare una dimensione estatica e una spiegazione ultraterrena al martirio in atto. Secondo Dottor Emilio Negro (parere scritto, 10 giugno 2004), la presenza di elementi peculiari, come la profondità delle ombre e il taglio compositivo ravvicinato, rimandano alla fase caravaggesca attraversata dal pittore durante il suo primo soggiorno romano (1601–1614) e coincidente con opere quali gli Apostoli Pietro e Paolo della Pinacoteca di Brera, il Martirio di S. Caterina d’Alessandria del Museo Diocesano di Albenga, il David con la testa di Golia del Louvre. Lo studioso, che ritiene il presente dipinto interamente autografo ed “un’importante pittura di Guido Reni” propende per una datazione del dipinto attorno al 1610, in epoca dunque precedente rispetto alle citate versioni di Roma e Genova, di cui verrebbe a costituire il prototipo. L’elevata qualità del dipinto, quasi una “interpretazione” più morbida della versione capitolina, l’esecuzione sciolta, senza cedimenti, il chiaroscuro sapiente, la raffinatezza cromatica fanno pensare ad una redazione autografa, come sostiene il Dottor Emilio Negro.

Provenienza: collezione privata europea, Perizia: dott. Emilio Negro come opera pienamente autografa di Guido Reni - comunicazione scritta). Guido Reni usava tornare più volte sugli stessi soggetti producendo, con l’aiuto della sua bottega, versioni de

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Asta: Dipinti antichi
Tipo d'asta: Asta in sala
Data: 21.04.2010 - 18:00
Luogo dell'asta: Vienna | Palais Dorotheum
Esposizione: 10.04. - 21.04.2010

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